Il piccolo Hans - anno XX - n. 79/80 - aut./inv. 1993-1994

va, comunque, debitamente pregresso, così come del resto sembrerebbe ribadire, più in là, il v. 22 («Piansi più anni i miei e gli altrui crucci»; ove il ribadimento di quello che Petrarca avrebbe definito tempo da travagliare è anche nella perseguita identità fonica fra l'azione, PIANsi, e la sua estensione nel tempo, Più ANNI) e soprattutto l'intera quinta strofa. Queste sono, dunque, quelle inezie emiserie degli amanti che lo stesso Alberti, nell'Amator, invitava a rifuggire, soprattutto se intesi a devolvere la propria vita ad un'operosità tutta umanistica: Vitate hoc malum, studiosi, vitate; pestiferasque esse multum, uti sunt, res omnes putate, unde vel minima ad amandum scintilla elucescat; fugite amantium coetus at voluptuosorum consuetudinem, fugite ludos scenasque amatorias, fugite quidquid amorem ipsum sapiat, et amantium aut ineptias aut irridete, aut miserias deplorate15 . Ma queste, proprio queste, sono anche le trappole viscose nelle quali chi più le rifugge incappa, così come di colpo chiarisce, a quel punto addirittura inaspettata, la predicazione del v. 20, e la coda relativa che ne consegue («Quegli ... quel... e quelle... I arme furono e lacci, con che Amore I mi prese e vinse servo a tanta fede»), svettando, dopo tre stanze interamente nominali, anche grazie all'improvviso rovesciamento del ritmo (tenuto maniacalmente giambico-anapestico durando l'elenco) in un'accelerazione trocaico-dattilica piegata a sostanziare tutti gli elementi della predicazione («àrme furono e làcci»). È, dunque, soltanto alla fine dell'«interminabile elenco di crucci amorosi», che ritaglia in realtà il concetto stesso albertiano di amore, che la sestina affronta il problema della propria temporalità, vale a dire della «prospettiva linguistica»16 attraverso cui espone il cardine intorno al quale ruota l'intero meccanismo. Il tempo-ora, s'è detto, il tempo dell'enunciazione è un presente della lontanan274

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