Il piccolo Hans - anno XIX - n. 73 - primavera 1992

speranza, con la stessa fede e senza alcuna fede. Tutto qui. Spesso per stendere il colore sugli oggetti o sui fogli non uso strumenti, uso le mani. Lavoro con le mani nel colore o nei pigmenti, direttamente sul foglio, come dita sopra una tastiera, per l'esigenza che c'è di un rapporto diretto, immediato, con l'immagine. Spargere il colore con le mani è come creare uno spazio sacro sul quale agire, ma anche credo un gesto radicale, il segno di una urgenza, l'urgenza di un contatto fisico con l'idea. Questo appunto perché non si tratta di dipingere un quadro ma di compiere un rito, esattamente come in un'operazione di magia. Una dimensione, quella del magico, che sembra completamente dimenticata e di cui si avverte una esigenza vitale. Non c'è nessuna separazione tra realtà e irrealtà, tra razionalità e irrazionalità, tra logico e illogico, tra mondo fisico e mondo met�fisico. L'uno esiste in ragione dell'altro e il pensiero senza tener conto di alcuna distinzione e di alcun ammaestramento affonda le sue radici ovunque liberamente: tanto nella ragione quanto nell'assurdo, nel reale quanto nel simbolico, nella storia quanto nel sogno, nel visibile quanto nell'incomprensibile, nell'immaginazione e nella memoria, nella solitudine e nella disperazione, nell'amore e nell'esaltazione. So che la parola sogno è una parola difficile da pronunciare, anzi per alcuni pericolosa, quasi da bandire, come se il mondo dovesse e potesse smettere di sognare, come se l'universo stesso non fosse il sogno di una mente incomprensibile. Ma che cosa sono le opere se non dei sogni? Quello che vedo in sogno lo ritengo una quintessenza della forma. Un colore, una luce, uno sguardo, quello che vediamo 7

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