Il piccolo Hans - anno XIX - n. 73 - primavera 1992

siero retorico che, secondo noi, costituisce la perenne fecondità e il più grande messaggio dell' Institutio oratoria. Infatti, non c'è niente di più notevole di quella vittoria della semplicità conseguita sulla pesantezza della materia, atteggiamento nel quale Quintiliano ha saputo tradurre la concezione attica in una visione di grande respiro: Veramente l'oratore svolgerà tutti questi compiti [...] - dice l'Autore - non solo nel modo migliore, ma anche con estrema facilità. [...] chi è arrivato sulla vetta cessa infatti lo sforzo della salita. Mentre sali ti affatichi sui gradi inferiori, ma quanto più procedi, più la pendenza diventa dolce, e più favorevole il terreno. E se con tenace impegno superi anche queste difficoltà, ormai più lievi, da quel punto in poi si presentano frutti spontanei, e ogni cosa si produce spontaneamente; benché tutto possa inaridirsi, se non è colto quotidianamente76 . In questo modo, il naturale, lo spontaneo, la sincerità, la semplicità alle quali si appella l'oratore, che sotto la maschera di personaggio è divenuto l'attore del proprio discorso, tutte queste finzioni del vero saranno esclusivamente il risultato di un'arte della prosopografia77 • Essa conferisce all'artista, forte della propria esperienza della «dissimulazione», il senso della padronanza, che gli consente di cancellare dal proprio volto l'espressione dell'indigenza: vale a dire l'impossibilità di dire la «cosa» del desiderio. sì che là giù, non dormendo, si sogna78 diceva Dante. Si potrebbe parafrasare questo verso nella retorica di Lacan: 250 Il dire ha qualcosa a che fare con il tempo. L'assenza di tempo è una cosa che si sogna, è ciò che

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