Il campo che delimitiamo è quindi molto più ristretto, si tratta infatti di interrogare gli ostacoli che si presentano ai soggetti messi a confronto con la matematica che si impara a scuola, e che possono manifestarsi sia nel periodo scolastico che successivamente nella vita. I soggetti da noi considerati non sono matematici né individui particolarmente dotati in tal senso, ma non sonò neppure affetti da ritardi mentali o da difetti evidenti. È una popolazione numerosa, è una difficoltà diffusa. Il matematico americano John Allen Paulos (1988) creò il neologismo innumeracy (di difficile traduzione), per designare l'analfabetismo matematico, e scrisse il libro Innumeracy. Mathematical illiteracy and its consequences ai fini di analizzare gli effetti devastanti che esso comporta sul pensiero. Douglas Hofstadter la considera una grave malattia e l'autrice di un altro libro sullo stesso argomento - Sheila Tobias - ne parla in termini di «angoscia matematica». Il già citato Paulos annovera tra le cause di questo anal- . fabetismo matematico, che si accompagna a rifiuto e ad angoscia, una povera e sbagliata educazione scolastica, blocchi psicologici (psychological blocks) e fraintendimenti romantici circa la natura stessa della matematica. Le nostre note sono incentrate su quelli che Paulos chiama «blocchi psicologici», essenzialmente per tre ordini di motivi. Il primo è ovvio, giacché il nostro è un tentativo di riflessione psicoanalitica sul problema. Il secondo è che, pur non misconoscendo i difetti dell'educazione impartita nelle nostre (e altrui) scuole, la nostra esperienza ci insegna che, anchemigliorando la qualità intrinseca dell'insegnamento e aumentando la disponibilità e gli sforzi degli insegnanti, il problema, anche se si attenua, non scompare. Il terzo è che Paulos (ma come lui sembrano pensarla altri matematici) giudica paradossalmente «naturali» questi blocchi, apparentemente senza domandarsi qual è la ragione che li giustifica. Egli scrive infatti: «... alcuni 35
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