quella dei diciotto anni, il punto che si può cogliere come massimo rispetto all'emancipazione e alla crescita? I diciotto anni, momento della maggiore età, o per la generazione precedente quello di potersi «emancipare» legalmente dal padre, portano spesso una vacillazione. All'età di diciotto anni una-mia paziente che aveva ovviamente percorso le tappe classiche del suo luogo della fobia, della latenza e dei quattordici anni, ma che aveva accolto nel suo luogo della fobia una morte drammatica e forse desiderata, quella del fratellino proprio sulla soglia di casa travolto da un camion di traslochi, all'età di diciotto anni sviene improvvisamente durante la visita con il padre a una mostra di arredamento. In questo caso, la statura definitiva raggiunta richiama tuHi gli elementi del luogo della fobia, coinvolgendo l'inanimato, il morto, il padre, il piccolo del fratellino, il grande raggiunto e, non ultime, le suppellettili e i mobili di casa, e quelli esterni raccolti nel camion assassino del trasloco. Qui, la propria statura rimane per il soggetto quella che ha stabilito nel «luogo della fobia» e per questo, se questo luogo da teorico si è ridotto a un sintomo nel corso degli anni, lungo la piega di una nevrosi ossessiva, o nell'alterazione di una perversione o addirittura nella frantumazione di una schizofrenia nel punto delicato e drammatico dell'adolescenza che sembra una replica terribile (una replica nella realtà, di ciò che si era temuto nell'angoscia del primo rapporto alla sessualità dei genitori, che è l'angoscia che si affaccia sul luogo della fobia), allora è nella vita che il vacillamento investe quei punti che nel luogo della fobia avrebbero dovuto essere di forza, quando a diciotto anni si è finalmente grandi, o è più avanti, all'altra soglia della maturità, che un uomo di cinquant'anni si fa piccolo, perde la parola, o l'abilità manuale. Ed è allora che la delega di questa abilità a un aiuto, a un sostituto, a qualcuno che «vienemesso in mezzo» può 21
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==