il quale si inscrive (il racconto poliziesco) si fonda su un'organizzazione esattamente inversa: e cioè estrema economia e funzionalità degli elementi assunti, rigore del decorso (della logica) della linea narrativa, tendenziale soppressione delle digressioni, ecc. In questa gigantesca polifonia (o polylogue) rigorosamente destituita di un centro e tutta quanta deversata sull'esteriorità (da cui l'effetto correlativo- perseguito sin nelle trascrizioni delle diverse voci e pronunce- di un immenso «romanzo dell'oralità»: G. Guglielmi), non ha più campo per prodursi la cornice costituita dalla voce narrativa, alienata com'è - e come abbiamo dimostrato-, nella sua voce propria, entro la situazione polifonica e polilogica dell'insieme, da cui finisce per essere contaminata, diciamo, funzionalmente. Chiameremo perciò questo tipo di enunciazione narrativa: enunciazione derealizzante di tipo centrifugo (o a supporto polilogico). Colloco ora, tra l'uno e l'altro dei due estremi rappresentati dai casi esaminati, un terzo tipo di enunciazione derealizzante che chiamerò, già preliminarmente, di tipo dialogico. Ritengo che rappresentino benissimo questo tipo di enunciazione narrativa i grandi romanzi di Stendhal, quali per esempio Le Rouge et le Noir e La Chartreuse de Parme. Per la loro collocazione nell'ambito del nostro modello, e cioè nell'ambito della situazione di eterogeneità e diffrazione di entrambi i Soggetti di sapere, mi basterà ricordare un solo esempio, che si dà come paradigmatico dell'intera operazione di Stendhal: la battaglia di Waterloo nella Chartreuse, ove, alla diffrazione della specola individuale di quell'Osservatore delegato che è Fabrizio del Dongo, corrisponde, sul polo dell'Informatore, la diffrazione e l'eterogeneità apparentemente non finalizzata degli stati del mondo (gli aspetti, vertiginosamente mutevoli e destituiti di senso, della battaglia). D'altra parte, la posi134
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