Il piccolo Hans - anno XVIII - n. 70 - estate 1991

sce la solitudine, la grandezza d'animo, il supposto disprezzo per il lavoro. Il lavoro che il perverso disprezza è in realtà lo stesso che ha sfinito il nevrotico, il lavoro della complessità psichica. Ma la mira dell'inc non ammette considerazioni, la scelta viene prima. E la scelta, che rimarrà, è per la «verità». Quel mentitore di professione che è il perverso cresce infatti da un bambino che dice la verità. Che invece di aver paura dello scalpiccìo del cavallo, gode e si eccita della sessualità dei genitori. E questa verità impedisce il formarsi, nel luogo della fobia, come ha impedito la presenza dell'animale, del falso delle teorie sessuali infantili (nascita dall'ano, pene alla madre) e del romanzo familiare (negazione de «i veri genitori»). Dunque ha ragione il perverso quando protesta di non mentire. Vuol dire di non aver mentito. Ma se il perverso ha scelto la verità contro l'etica che sostiene la formazione infantile del luogo della fobia, la verità dell'adulto si appoggia ancora su quell'etica. La falsità delle teorie sessuali infantili che permangono come credenza inattaccabile nell'inconscio dell'adulto, fonda l'etica della verità del soggetto. La verità scelta da bambino per il godimento e la produttività di un istante rende tenace e incrollabile la menzogna del perverso. Se il pensiero nasce collegato alla formazione delle teorie sessuali infantili, come ha messo in rilievo Pinzi, possiamo rileggere le categorie della clinica in rapporto ad esse. La nevrosi è una sorta di superlavoro per reggerle. La tecnica appare così vitale, così importante che l'angoscia che ha prodotto come risposta il luogo della fobia vi si è trasferita e la figura che ho chiamato del «gestore della tecnica» (l'idraulico di Hans o il fabbro di Eric, ma per l'adulto il garzone, l'aiuto, lo specializzato, il competente) si frappone tra il soggetto e l'oggetto suscitando l'inibizio12

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