Il piccolo Hans - anno XVII - n. 67 - autunno 1990

me equivalenti delle loro bocche crudelmente mordaci. Per esempio, un bambino farà dei movimenti circolari di masticazione con la bocca, mentre mette un giocattolo dentro «la bocca» del temperamatite. Così quando Dick vide dei trucioli fatti da un temperamatite, disse «Povera signora Klein». Per lui i trucioli · erano una signora Klein tutta tagliata. Era profondamente addolorato perché fortissimo era il suo trasporto empatico con quella «signora Klein» che egli percepiva unicamente nei termini delle proprie attività, e non come una persona coi suoi diritti. In effetti, non la considerava proprio una persona, bensì un oggetto inanimato. (La Klein scrive che Dick le correva intorno come se non fosse altro che un mobile.) Come spero di dimostrare in seguito, fu la sua incapacità ad elaborare questo prematuro «dolore» che svolse un ruolo principale nello sviluppo del suo autismo. È difficile per noi che siamo esseri umani «differenziati», comprendere questi stati empatici indifferenziati nei quali la differenza tra il «me» ed il «non me» è scarsissima. Tutto viene sperimentato nel contesto del «me», cioè quel flusso di sensazioni corporee che costituiscono il senso primario dell'«essere» per il bambino, prima ancora che il «non me», venga chiaramente differenziato, anche se ci potrà già essere qualche fuggevole momento di consapevolezza del «non me». Il lavoro fatto con i bambini autistici mi ha convinto che questo senso primario del «me» deve essere ben consolidato prima che possa essere tollerata una duratura consapevolezza del «non-me». Senza il senso del me, verrebbe meno l'indispensabile senso di fiducia e sicurezza in se stessi. Nei bambini autistici, questo senso primario dell'essere «me>) è stato stravolto. Perciò dietro la loro impenetrabilità autistica essi si sentono estremamente vulnerabili. Come reazione hanno «la sensazione di strappare via con i denti tutti i pezzettini e i frammenti che sporgono in fuo211

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