la coscienza. I luoghi del "chi dice" eletti, anche quelli momentanei (si pensi, ad esempio, a Gerty MacDowell), diventano allora altrettanti spiragli attraverso i quali trova luogo l'autore (in quanto "funzione d'autore"), egli in prima persona decantato consciousness dei propri personaggi: tutti gli altri, la schiera di pallide comparse che servono solo da stura allo stream, sono, per dirla con le parole del maggior tributo beckettiano all'onnipotenza joyciana, puppets2 • È da queste posizioni, dunque che occorre prendere le mosse, a dispetto della consueta aneddotica 3 , per chiarire il rapporto che Samuel Beckett ha via via intrattenuto col magistero joyciano, fino, per svelare subito il senso di quest'intervento, alla sua completa liquidazione. Varrà la pena, pertanto, di partire da un luogo dell'epistolario di Beckett coevo alla sua massima adesione alle poetiche joyciane, vale a dire da una lettera ad Axel Kaun del luglio 1937 (si ricordi che Murphy venne portato a termine giusto in questo anno, grosso modo nello stesso periodo in cui Beckett collaborò con Joyce, come scrivano, per la stesura di alcuni passi del Finnegans Wake). In questa lettera, il giovane scr_ittore lamentava l'assenza nel procedere narrativo di un calibrato sistema di pause, in cui dissolvere «questa terribile materialità della superficie verbale», lì dove lo stesso venerato Finnegans Wake si presentava come una apotheosis ofthe word piuttosto che il tessuto della propugnata immissione di pause dissolventi: Is there any reason why that terrible materiality of the word surface should not be capable of being dissolved, like for example the sound surface, torn by enormous pauses, of Beethoven's seventy Symphony, so that through whole pages we can perceive nothing but a path of sounds suspended in giddy heights, linking unfathomable abysses of silence?4 209
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