schizzo di lettura del significato ritmico dell'incipit del Desdichado di Nerval: Je suis le ténébreux, - le veuf, - l'inconsolé, Le prince d'Aquitaine à la tour abolie. -Ben lungi da poter essere accolta la chiosa della Noulet (seguita dalla Moulin), secondo cui il primo alessandrino porta bensì la regolare cesura al sesto piede, ma «veuf» fa «zoppicare» il secondo emistichio (mentre intanto i tre ,aggettivi trasformerebbero la cesura da binaria in ternaria)62, io direi che, da un punto di vista ritmico, il primo verso segue una alternanza non proprio consueta (2+4 I 2+4), onde mirabilmente creare effetti di parallelismo fra i sintagmi prosodicamente pareggiati; e che il secondo verso, quasi a controcanto, si ·distende invece seguendo la maestosa cadenza classica del tetrametro (3+3 / 3+3). Ritmicamente, dunque, il primo verso pone a sincrona equivalenza «Je suis» (inizio della quete ontologica successiva, ricerca sull'identità che sfocia nell'illusorio gioco di specchi dell'immagine sdoppiata, alternativa e indecidibile, - inassumibile: inaccessibilità del simbolico) e «le veuf» (ove l'articolo, c9me pure per gli altri due aggettivi, assolutizza, immobilizza e perpetua una condizione che da esistenziale passa a metafisica: non più «vedovo» ma il «vedovaggio» stesso, la «viduité», - come dice l'etimologia, ma introducendo allora uno splendido spalancamento di senso: la vedovanza è anche la vuotezza, il sartriano «néant»). «Veuf» significa dunque «privato di» (ma anche vuoto): ho dimostrato in altro luogo63 come la melancolia nervaliana (come struttura propriamente psicotica) s'origini dal vuoto materno, dall'ombra dell'oggetto che viene quindi vissuto come falla, buco. Se l'oggetto è buco, l'Io s'identifica col buco: «Io sono il buco oggettuale» significa togliere ontologia al sintagma stesso. Non si tratta proprio di una predicazione del tipo: «lo so88
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