Ferenczi registra la diagnosi del malessere che lo porterà dopo qualche mese alla morte e collega strettamente la questione alla sua esperienza col trauma: «È possibile una nuova soluzione dei problemi della personalità dopo un simile "immergersi" nel traumatico? Nel mio caso è sopraggiunta una crisi ematica». A contatto con l'esplosività del trauma (perché è con questa immagine che l'ha descritto) Ferenczi assiste all'esplodere dei suoi globuli rossi. È come se il trauma l'avesse infettato nel corpo proprio come succedeva negli eroici tentativi di quei colleghi «che hanno preso il proprio corpo come cavia per studiarvi infezioni ed avvele-. namenti». La relazione con la figura di Freud sembra segnalarci che il nucleo letale del trauma ha a che fare con la questione del padre nella quale è contenuto qualcosa di esplosivo di cui la guerra - l'avvenimento nuovo intervenuto tra «una generazione fa», quella nella quale Freud aveva potuto correggere la propria teoria del trauma, e quella di Ferenczi che era stato volontario in guerra come volontario si era sottoposto alla condivisione del trauma dei suoi pazienti - aveva fornito le figure e il materiale3 • La guerra compare infatti, per l'unica volta nel Diario, proprio in data 2 ottobre, subito dopo la nota in cui Ferenczi registra che l'unica possibilità che gli rimane è quella di «distruggermi - o essere distrutto - nelle profondità organiche». Scrive subito dopo: «Sono stato colto da commozione al pensiero che, quand'ero soldato (volontario per un anno), fui ufficialmente encomiato per delle eccezionali (e spontanee) azioni sul campo (manovre). Ciò sembra mi manchi adesso e mi sia mancato nell'infanzia». Una «manovra» è riuscita durante la guerra. Sappiamo dalle lettere di Ferenczi a Groddeck4 che il nome del paese ungherese dove si trovava la guarnigione era Pàpa e che lì aveva ricevuto la visita di Freud; e nello stesso anno 233
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