Il piccolo Hans - anno XVI - n. 63 - autunno 1989

verte entrare in stretta risonanza con quelli e arriva a immergersi lui stesso nella pazzia dei pazienti per poterli condurre fuori con sé («mi decisi a identificarmi per un certo tempo con il cosiddetto pazzo e l'accompagnare il paziente su questo cammino apparentemente pericoloso ebbe un risultato terapeutico notevole», 15 marzo). Cosa scopre in questa sua «discesa nel trauma»? Egli registra che il trauma mette alla prova in modo radicale quello che oggi si ama definire il senso di onnipotenza dell'analista. E in due sensi: sia perché sfugge a una ricognizione completa nel reale in quanto non può essere ricordato e, secondo, nel senso che lo psicoanalista non è in grado di produrre una «restitutio ad integrum»: la ferita rimane, la perdita non è recuperabile, la frammentazione non è ricomponibile. Sappiamo che il risultato di questo lavoro e di questo travaglio prese forma nell'ultimo scritto ufficiale di Ferenczi, quello intitolato Confusione delle lingue tra adulti e bambini2 , che fu letto al XII Congresso Internazionale di Psicoanalisi, tenuto a Wiesbaden nel settembre del 1932, l'anno del Diario, che si chiude infatti il 24 agosto, al momento della partenza per Vienna e il Congresso. Alla pubblicizzazione di queste idee si era detto contrario Freud e si erano prestati a malincuore gli organizzatori del Congresso. Freud torna sulla questione in una lettera a Ferenczi del 2 ottobre nella quale prende forma definitiva la disapprovazione verso le sue idee: «Non credo che Lei correggerà la Sua posizione, come io ho corretto la mia una generazione fa. Da due anni Lei si è sistematicamente allontanato da me. Sono convinto che Lei sia inaccessibile a qualsiasi ripensamento». E, proprio in data 2 ottobre, si registreranno le ultime note del Diario nelle quali Ferenczi, sentendosi abbandonato dal Maestro e dai colleghi, si trova a formulare un dilemma: o riorganizzarsi o morire. Nello stesso giorno 232

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