sono il terzo, e dopo di me tutti i migliori sono anche loro degli ebrei; il resto della classe è composto tutto da Gentili». Con questa formulazione il ragazzo tradiva il suo incessante sentimento di ostilità verso il padre, che essendosi sposato con una Gentile si era convertito dall'ebraismo al protestantesimo. Hans, cui siamo debitori di valide indicazioni sul meccanismo delle funzioni psichiche di un bambino, uscì dalla sua apatia totale con questo gioco: guardando nello specchio, vidi che metteva le dita nel naso e dissi: «Oh, mamma mia! Cosa sta facendo Hans? Non voglio vedere una cosa simile!». Al che egli si alzò in piedi mettendosi di fronte allo specchio e sorridendo maliziosamente, mi disse: «Non guardare!», mettendosi ancora una volta il dito nel naso. È chiaro che egli si aspetta che io glielo proibisca, in modo che egli possa incessantemente ripetere il gioco magari con la variante di fare le linguacce invece che mettersi le dita nel naso. Per lui il gioco simboleggia la severità del padre, troppe volte provata, che ora egli tenta di eludere tenendo segreti i suoi piccoli misfatti. Una ragazza di sedici anni soffriva di una grave forma di complesso d'inferiorità dovuto al suo strabismo. Ella coprì istintivamente i miei occhiali posati sul tavolo - un gesto sintomatico che rivelava come lei evitasse qualsiasi cosa che le ricordasse gli occhi o le anormalità degli occhi. Più tardi ammise che il fatto che io portassi gli occhiali aveva per lungo tempo turbato il suo affettuoso rapporto con me. Un bambino di dieci anni, che andava piuttosto male a scuola per via di una esasperata tendenza alle fantasticherie, durante il primo colloquio mi informò che aveva trovato estremamente sgradevole il modo di atteggiarsi dell'eroe in una rappresentazione del Lohengrin che aveva visto. Si girò per imitare la posa del cantante, e volgendomi ostentatamente la schiena, dichiarò che un attore sulla scena non può agire in quel modo: «Sicuramente, 208
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