Il piccolo Hans - anno XVI - n. 63 - autunno 1989

re un'idea simile in coloro che non sanno niente di psicoanalisi, un analista è in grado di apprezzarlo come un segno di progresso. La reazione del bambino a questo genere di approccio iniziale può essere di tre tipi. Spesso il paziente reagisce raccontando dei misfatti analoghi, che dapprima descrive come commessi da qualcun altro, e che soltanto più tardi ammette come propri. Oppure, nel secondo tipo, risponde con un fiero diniego: «Io non ho mai fatto cose simili!». Dall'analisi degli adulti sappiamo che questi fieri dinieghi equivalgono a delle ammissioni. Nel terzo tipo, il bambino riceve l'informazione con assoluta indifferenza. Allora non ci sarà troppo da sbagliarsi nel presumere che i genitori abbiano frainteso qualcosa nel comportamento del loro figlio, o che sotto i fatti conosciuti si nasconda qualcosa di più segreto. Quando l'analista ha a che fare con i bambini di setteotto anni, spesso può preparare il terreno facendosi partecipe dei loro giochi, e questo gli permette di individuare parecchi sintomi, abitudini particolari e tratti del carattere: e nel caso di pazienti così piccoli capita molto spesso che il gioco assuma un ruolo importantissimo lungo tutto il corso del trattamento. Un bambino di sette anni che soffriva di una grave forma di insonnia accompagnata da riso coercitivo e tic - c'era da supporre che avesse assistito alla vita sessuale dei genitori - durante il giorno manifestava un'apatia totale: se ne stava per terra, sul tappeto, per ore, senza parlare e senza giocare; mangiava moltissimo ma senza piacere e senza preferenze, e aveva evidentemente perso tutto d'un colpo, all'improvviso, la voglia di essere coccolato, che un tempo era stata molto forte. Durante l'analisi mi permetteva di giocare coi suoi giocattoli per tutta l'ora senza quasi nessuna reazione da parte sua e dandomi di rado delle risposte, così che era difficile decidere se avesse afferrato quanto gli ·andavo dicendo. Durante uno 205

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