stulli 17, lessema spero che si trastulla solo con l'aggeminazione liquida (lat. volg. *transtrullum, dim. di transtrum, «piccola trave», per saltimbanchi). Anche più squisito il legame con AURO in fine del v. 15 e assonante con pi AntO 16, giacché in questo pronome indefinito tornano invertiti il gruppo forte e quello "dolce" di travaglio. Non diverso impulso avrà mosso il dito di Dante da travaglie (nove travaglie) ad altrove [troppa] in Inf VII 20-25, e quello di Petrarca da travagliare ad altri nel son. LXXXI 10-11. Ma a [m'Jaffaccio ben più strettamente si lega affanno: [...] io questo ciel, che sì benigno Appare in vista, a salutar m'AFFAcciO, E l'antica natura onnipossente Che mi Fece all'AFFAnnO. A te la speme Nego, mi disse, anche la speme; e d'Altro Non brillin gli occhi tuoi se non di piANtO. Scrive il Peruzzi: «Un orecchio attento ai valori fonosimbolici sentirà il significato delle fricative nelle sillabe toniche, e soprattutto nelle due voci rilevate dalla pausa in fine di emistichio e consonanti per allitterazione»15 , per cui «l'interno travaglio si manifesta con un respiro più concitato e men facile»16 • Senza insistere sulla «dialettica respiratoria» (Bachelard) della parola affanno (dal provenzale afan, afanar, «durar fatica»), credo che più del concorso di fricativa abbia potuto il vocabolo nella sua interezza, come conferma la presenza di /ANI in arsi di piANtO, già stretto ad AltrO per multisonanza. E non si dovrà badare anche alla ressa della triplice geminazione, aLEaFFaNNo? Di /f/ dice Mallarmé che indica «une étreinte forte et fixe»17 ; può valere per m'affaccio-fece-affanno, dove tuttavia, ripeto, più conta l'attenzione alla parola, come si pensa leggendo questa terzina di Purg. XXVIII 94ss: 226
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