il suo compendio con un'affermazione divenuta celebre, «gegen die Kontamination ist kein Kraut gewachsen»27 • L'impossibilità di trovare rimedi contro la contaminazione minava, in realtà, l'edificio che Maas. aveva costruito, nella misura in cui faceva della procedura delineata nella Textkritik un modello in larga misura ideale, che trovava solo raramente riscontro nel concreto lavoro editoriale. Le difficoltà insite nel model. lo maasiano non implicano, comunque, che si debba rinunciare a tracciare stemmi, come voleva Bédier. Timpanaro, rifiutando decisamente questa eventualità, suggerisce una serie di precauzioni finalizzate ad evitare i rischi rilevati in passato dalla stemmatica, e non esclude neppure la possibilità che gli stemmi analizzati da Alberti possano essere almeno in parte rivisti, e rivelarsi pluripartiti; sul piano pratico, però, egli finisce con l'auspicare l'uso di proporre, per la medesima tradizione, diversi possibili stemmi, dicendo chiaramente, «nei prolegomeni delle edizioni o in lavori a parte, quali subarchetipi sono postulabili con sicurezza quasi assoluta, quali con buona probabilità, quali soltanto con notevoli incertezze»28. Una prospettiva che appare in qualche modo accostabile a quella dell'«edizione aperta» prospettata, nel convegno napoletano del 1979, da Bruno Gentili: «nel senso di un'edizione che, attraverso un ampio repertorio del materiale documentario e critico, orienti il lettore sugli aspetti problematici del testo e sulle loro possibili soluzioni e interpretazioni»29 • Una prospettiva di questo tipo, che è tutt'altro dall'essere acquisita nel lavoro editoriale corrente, ha un valore eminentemente operativo ma può servire, anche, ad una chiarificazione di tipo metodologico: nella misura in cui suggerisce, per es., una ridefinizione dell'intera procedura critico-testuale nella quale la stemmatica, al di là delle aporie evidenziate da oltre mezzo secolo di dibattiti, costituisca, programmaticamente, uno strumento operativo. 117
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