glie» animali, le cui specie vengono disposte su un «ceppo» o «tronco principale», quindi su uno o più «fusti» e infine sui vari «rami». Le metafore si moltiplicano e si diffondono ma l'immagine stenta a essere adeguatamente focalizzata. Duchesne propone un «albero» che addirittura già presenta come «genealogico» (1766), ma non sfrutta adeguatamente queste figure, e anzi le tradisce. Ciò che lo ispira è esattamente quanto aveva determinato l'introduzione della mappa, cioè l'esistenza di affinità multiple. Va poi rilevato che il suo presunto «albero» non presenta ramificazioni: consta infatti di un ventaglio di rette che uniscono due specie senza mai biforcarsi e senza neanche passare per specie intermedie. V'è sì un'eccezione (la retta 1-6, che prosegue per 7,8,9 e confluisce nella retta 1-10), ma essa determina una struttura circolare che è tipica della mappa: piuttosto che un albero, l'immagine ricorda le «tavole» di Buffon e di Ruling, e non casualmente proprio verso una «tavola pitagorica» Duchesne si sarebbe - come sappiamo - successivamente orientato. Va infine osservato che, a voler ciò nonostante vedere il suo schema come un albero, esso sarebbe rovesciato. .. Lo stesso Buffon rinuncia, qualche anno dopo, all'albero propriamente inteso e parla dei mammiferi come di una «catena» che però «non è un semplice filo che si estende solo in larghezza; è invece una larga trama, o piuttosto un fascio, che di tanto in tanto getta lateralmente dei rami che lo uniscono ai fasci di un altro ordine» (1770). Egli opera, evidentemente, una sintesi di tutte le immagini a disposizione, sviluppando una proposta (di raggruppare i viventi «come in fasci») fatta da Joseph Pitton de Tournefort nel 1700 e fin qui mai ripresa. Ma di «albero», più propriamente di Duchesne e meno ambiguamente di Buffon, si continua a parlare. Nel 1781 anche Bonnet accoglie la nuova immagine, in quanto non si limita più (come invece nel 1764) ad ammettere l'esi215
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