disegnando mentalmente più di uno svolgimento. Di fatto ho rasentato lo scorno di venire con niente all'appuntamento di novembre, sperando persino in un rinvio suggerito dal fascino del ponte e di quest'estate di S. Martino. L'inadempienza, del resto, non è del tutto scongiurata. Adesso - è venerdì mattina - sto ricopiando il poco che ho scritto, fidando di arrivare in porto col lavoro compiuto entro mezzanotte. La confidenza vuol essere la comunicazione di un sintomo di una mia ambiguità tra ingaggio e «ma ne vale davvero la pena?». Ambiguità perdurante da vent'anni e passa, da quando con Fornari fondammo il Gruppo Anti-H prima e l'Istituto di polemologia poi, che ci portò pure a concepire insieme il libro La dissacrazione della guerra, lungo una sinusoide di convergenze e divergenze - anche aspre -, sicché oggi siamo ancora qui - in un alternarsi di distrazione e di attenzione - per rispondere alla chiamata della bomba. Per la nostra sopravvivenza, contro la potenza scatenata dell'atomo, Einstein invocava un modo di pensare radicalmente nuovo. Già all'alba dell'anno zero. Pure questo appello si è ritualizzato. È ormai il pater noster della liturgia pacifista. Occorre un atto di vita - paragone della parola, direbbe Manzoni - che con la certezza convincente del fatto inauguri il cammino efficace o comunque si muova nel senso richiesto dal nostro presente. Verum et factum convertuntur dettava il filosofo napoletano con voce attualissima. Che sia difficile concepirlo quest'atto esemplare sono il primo ad ammetterlo. Cerco di prefigurarlo come necessità strategica col dilemma O vita mentita o rivoluzione della bellezza, che dà il titolo alla giornata conclusiva del mio libro Il coraggio di Venere, ora sotto i torchi. La allego a queste pagine per chi ha la pazienza di leggerla. Qui mi limito a dire: soltanto muovendosi nella direzione dell'atto vitale - tutto da inventare, intendiamoci - si apre la probabilità che il nostro incontrarsi esca dallo stallo rituale per acquistare significato. Ritornerò su questo termine con l'appoggio di Musil. Senza sopravvalutare la modestia delle nostre forze, mi dico intanto: meglio un obiettivo difficile ma significativo che un obiettivo facile ma insensato. Se . non altro, c'è più gusto. Per adesso elenco i punti che svolgerò succintamente: a. I due modi d'essere idioti 232
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