Il piccolo Hans - anno XIV - n. 56 - inverno 1987

Roma. Così Edipo quando s'imbatte in Laio, ignàro che sia suo padre, è figlio, parricida nella circostanza fatale, non più bambino. Anche il Minotauro - singolare l'attaccamento di Fomari per questo mito -il mostro paidofago, mangiatore di fanciulli, se non è più bambino, figlio resta. Lo stesso Gesù, secondo il mito fondamentale della nostra cultura, è il «Divin fanciullo» che diventa il «Signore salvatore». Che questa distinzione centrale vada affermata e sottolineata lo ricavo anche dalla relazione di Giuseppe Pozzi, appena ascoltata. Come primo approccio nell'intervento istituzionale egli ci indicava l'analisi dei bisogni. Ed è una paradigma, anzi sembra addirittura una legge. Se voi scorrete la letteratura sulla formazione, anche la più aggiornata, noterete che si parte sempre dall'ami.lisi dei bisogni, mentre invece io sostengo che l'analisi dei bisogni deve sempre accompagnarsi all'analisi delle capacità. Perché il figlio - o l'allievo, o il dipendente - bambino che sia non è solo bisogno, è anche - e soprattutto - portatore di risorse. Seppure nascoste o - peggio - misconosciute. Anzi, se guardiamo alla sua vitalità, ne ha più del padre e della madre. E spesso è un bisogno degli«adulti» - in quanto si sentono svuotati dall'incombente affermarsi dei figli-vedere unicamente la fragilità dell'infanzia. Una cultura che faccia soltanto l'analisi dei bisogni trascura, misconosce il puer come possessore di un potenziale che va messo al mondo, allevato, protetto, incrementato, valorizzato, ammirato. Bambino al posto di figlio è un lapsus che denuncia un vizio paternalistico. Uguale e contrario il lapsus che ravvisa nel figlio una minaccia, un mostro, il Minotauro.11 L'altro figlicidio è quello che ognuno fa di scommettere su se stesso. La nostra cultura ci ha inculcato l'idea e il tabù del peccato originale. Io preferisco guardare al peccato originale - non da cattolico, e nemmeno da credente - secondo l'intuizione e la teologia - che è anche«biologia» - di Kierkegaard. Per il filosofo danese - indagatore dell'angoscia molto prima di Freud - il peccato originale non sta nell'aver trasgredito la legge patema, di questo Dio così crudele e vendicativo. Alla mente e al cuore di Kierkegaard - preso dall'idea di Dio come amore - ripugnava l'immagine di un creatore spietatamente punitivo. Il peccato originale, dunque, sta invece nel non cogliere, nel non mettere a 222

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