dal movente che giustifica molti di questi approcci. Cioè dalla preoccupazione - come dire? - economico-sociologica per cui si chiede: come riuscire in trattamenti brevi, soprattutto in ambito istituzionale, a raggiungere certi risultati? Noi invece ci ponemmo un'altra domanda, sul solco tracciato da Balint. Il quale un giorno si chiede insospettito: perché la psicoanalisi, che agli esordi durava un tempo relativamente breve - già una psicoanalisi di un anno era ritenuta allora piuttosto lunga; i pionieri della psicoanalisi, quelli che per noi oggi sono «i classici», portarono a compimento la loro analisi personale con Freud alle volte in tre mesi, sei mesi, talora camminando per la strada; Jung e Freud si raccontavano i sogni in piroscafo nel viaggio dall'Europa all'America - perché la psicoanalisi, si diceva, è diventata sempre più lunga e sempre più intensa? Dieci anni, quindici anni. Quattro sedute, cinque sedute la settimana. E Balint si risponde dimostrando che si è ormai subdolamente insinuato un vizio. Un vizio che questo grande - e misconosciuto - autore denuncia come antipsicoanalitico, nel senso che - se la finalità della psicoanalisi è l'emancipazione, la liberazione del paziente, l'uscita, l'affrancamento dalle sue simbiosi - quindi se l'essenza stessa della psicoanalisi è antisimbiotica, un trattamento che duri una vita è contraddittorio, smentisce il suo fine e il suo principio. Ad ogni modo, non voglio qui insistere su questo problema spinoso (e, per molti analisti, persino irritante). Eventualmente chi sia interessato alla critica sollevata da quel maestro che fu Balint può leggere L'analisi didattica (cioè la seconda parte dell'opera più famosa di Balint sull'amore primario e che un editore italiano ha spezzato in due pubblicandone una parte come Amore primario e l'altra come Analisi didattica). Semmai, attenti al tempo, ma senza vincolare e vincolarsi in partenza con scadenze e programmi rigidamente precostituiti, arriviamo a dirci che l'aggettivo che meglio definisce questa modalità di terapia è, nel grado comparativo: brevior, cioè la più breve possibile a seconda della situazione che siamo chiamati ad affrontare assieme al paziente: per cui se, ad esaminare la letteratura sulla psicoterapia breve, ci si imbatte in modelli che prevedono - ad esempio - un massimo di due anni persino (un panorama - come si vede - molto empirico, fin troppo elastico, 214
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