Il piccolo Hans - anno XIV - n. 55 - autunno 1987

terna sollecitudine. Dopo un certo tempo egli ha reagito e ha iniziato a criticarla, cosa che lei ha sopportato molto male. Dopo la rottura, in un momento di depressione, ha ingerito una tale quantità d'alcool da perdere conoscenza. Quella fu l'unica volta; infatti non beve mai. Il ricorso all'alcool possiede inoltre un suo speciale significato: suo padre è medico e si occupa dei problemi dell'etilismo. L'ubriacatura della ragazza non era altro dunque che una domanda rivolta al padre: «Occupati anche di me, non solo dei tuoi pazienti!» Figlia unica di genitori agiati, cresciuta in un ambiente amorevole, la paziente era una bambina molto buona, che idealizzava la madre conformandosi ad ogni suo desiderio. Brava allieva, teneva una condotta irreprensibile e riusciva a compiere vari studi supplementari: pianoforte, lingue, archeologia, storia dell'arte ecc. Solo per vaghi segni appariva quanto le fosse di peso aderire così intimamente all'ideale materno; così ricordò che con i nonni osava disubbidire; e quando questi se ne lamentavano sua madre si rifiutava di crederlo. Era spesso in conflitto coi compagni di classe che ritenevano insopportabile il suo «idealismo». Nel periodo in cui si svolgeva la terapia lavorava come infermiera in un ospedale. Anche là le capitava spesso di essere in contrasto con i colleghi, dato che si occupava dei malati con zelo ostentato. Il suo desiderio era quello di ridare loro quanto riceveva da suamadre che, quando era lei ad essere ammalata, la curava con molta devozione. La ragazza, tuttavia, avvertiva che, mentre seguiva l'esempio materno, c'era in lei anche un altro modo di essere che assomigliava al padre, un uomo più semplice della madre, un tipo scherzoso, che sapeva intrattenere, divertendola, un'intera compagnia. La ragazza riteneva di possedere le stesse qualità, nonostante con gli altri fosse timida e osasse appena proferire parola. Ci siamo accordati di svolgere la terapia focale in dodi229

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