del penultimo incontro mi ha fatto notare di essersi finalmente accorta che esisteva qualcuno disposto ad aiutarla, che prestava attenzione al suo discorso e che non le procurava sofferenza. Un esame più attento di questa esperienza correttiva, si impone, tuttavia, dato il suo indubbio carattere composito. Il successo è sicuramente imputabile, da un lato, all'atmosfera di tatto, libertà e assenza di costrizione proprie ad ogni terapia analitica, quando tutto va bene, e che ha consentito alla paziente di procedere ad una sorta di rifacimento del modello inconscio delle sue relazioni d'oggetto. Dall'altro lato la terapia le ha dato la possibilità di rivivere il proprio trauma di separazione. In questo caso, tuttavia, l'esperienza della separazione aveva l'aspetto di un Giano bifronte; e ciò per il fatto che il problema di questa ragazza è consistito nel fatto non solo di essere abbandonata dal padre, ma altresì nell'opposizione della madre alla separahone. Per questa ragione la fine della terapia ha significato per lei non solo una ripetizione del trauma di separazione in forma mitigata- io, cioè, l'abbandonavo, è vero, come un tempo aveva fatto suo padre - ma al tempo stesso la lasciavo partire, fatto quest'ultimo che la madre le rifiutava. Il criterio, poi, di concludere la terapia lasciando aperta la possibilità di riprendere i nostri colloqui, ha reso più facile la separazione. Il problema che si pone ora è: questa soluzione mostra qualche momento tipico? Prima di dare una risposta traccerò, a grandi linee, la storia di altri due pazienti. B - Si tratta della ragazza diciannovenne che mi ha riferito il sogno del ballo al castello. È giunta alla terapia in seguito a una depressione reattiva: recentemente ha concluso una storia d'amore che, iniziata nell'infanzia, durava da diversi anni. Il ragazzo era culturalmente inferiore a lei, ma lei provvedeva alla sua educazione con ma228 /
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==