pensiero sulla teoria della lettura e sul ruolo del lettore.8 Secondo Culler questi teorici «have felt compelled to provide their own accounts of reading so as to challenge those that make the reader an anti-hero, a fall guy, an unbashed hedonist, a prisoner of an identity theme or of an unconscious, or a willful inventor of meanings.» (Culler 1982: 31) Persino teorici fondamentalmente indipendenti e umanisti come Harold Bloom e Edward Said si sono sentiti obbligati a mettere in guardia i critici contro i pericoli da eccessiva teorizzazione9 , affiancando le tesi di Graff. Vistisi così ferocemente attaccati, i teorizzatori sono passati al contrattacco, e Paul de Man ha scritto un libro in difesa della teoria: The Resistance to Theory. Ma c'è anche chi coniuga decostruzione con politica, in particolare con le analisi del potere di Foucault, come Franlc Lentricchia in After the New Criticism (1980); c'è chi fa letture in chiave femminista della teoria decostruttiva, come Gayatri C. Spivak, traduttrice e 'introduttrice' di Derrida in America; e c'è chi, come William Spanos, Paul Bové e i critici che fanno capo alla rivista Boundary 2: A journal of postmodern literature and culture, pur partendo da Heidegger, come è stato per Derrida, si sofferma piuttosto sul suo impulso ermeneutico, ponendo l'enfasi sulla distruzione della metafisica e dell'ontologia. In nome della distruzione, Spanos e compagni praticano letture aperte, incuranti di quelle del passato. La loro corrente, definita dei distruttivisti - interessati esclusivamente all'essere - è considerata come neoumanistica dai decostruttivisti - interessati più al linguaggio. Per dirla con Paolo Spedicato: il rapporto fra destruction e deconstruction, tra post-moderni heideggeriani e derridiani decostruzionisti di Heidegger stesso, evidenzia altre divaricazioni, non ultima una diversa teoria del 231
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