Il piccolo Hans - anno XIV - n. 54 - estate 1987

difendersi da «aperture» che non sono per niente rassicuranti. Graff invoca un ritorno alla mimesi ed è apprezzato dai tanti che si sentono esclusi dal gioco, frustrati dallo stile derridiano che rifiuta di emettere messaggi espliciti, referenziali. Così George Levine esplicita le ragioni del richiamo graffiano: In the energy of his anger with many of the absurdities of modemcriticism; in the strenuousness of his attempt to talk sensibly in a language shared, rational, and objective; in his indeed very sensible distaste for the fads of mass culture and high criticism; in these and much else Graff has touched many of us where our cultura! biases lie. (Levine 1981: 148) Levine assegna pertanto Graffalla tradizione umanistica (il cui più recente rappresentante è Lionel Trilling e il cui più importante precursore è stato Matthew Arnold) che esalta i valori della ragione, moderazione e oggettività (ibid.: 149). L'impressione complessiva che si ricava dalla lettura di studi sulle varie teorie della critica letteraria è che, in sostanza, chi scrive è un po' disorientato; nella smania di etichettare tutto e tutti spesso non riesce a trovare l'etichetta giusta fra le solite. Persino un testo esplicativo e propositivo come On Deconstruction di J.D. Culler non riesce a mascherare il disagio dell'autore di fronte ad alcuni studiosi «incollocabili» (Barthes è strutturalista nel '66, ma con S/Z cos'è? Lacan fa uso di Saussure e Jakobson, ma non ne scrive forse in stile post-strutturalista?) Chi legge questi testi ha la sensazione che anche alcuni fra i più 'aperti' degli studiosi americani non riescono a trascendere la casella. E tuttavia persino critici che hanno fatto muro contro ciò che considerano un pericolo per la critica letteraria, hanno dovuto elucidare il proprio 230

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==