che ha per noi un'attrattiva particolare» (LC 92). Un'immagine che ha l'effetto di polarizzare le credenze attorno a un nucleo inattaocabile, cui viene concesso credito anche a presc indere da qualsiasi fundamentum in re. Quanto essa esprime, «Freud non lo stabilisce riferendosi al1'evidenza - perché non potrebbe farlo. Ma è un'idea che esercita una forte attrazione. Ha l'attrattiva delle spiegazioni mitologiche, per cui tutto è una ripetizione di qualche cosa accaduta prima. E per coloro che l'accettano o l'adottano, molte cose sembrano più chiare e più facili» (LC 126). Vietando risolutamente interpretazioni alternative, le immagini analitiohe vanno incontro a una esigenza profonda - a un bisogno di trasparenza che si esprime nella ricerca di una «parola risolutiva». Tale è, appunto, l'«attrattiva di una mitologia»: il fascino di una convenzione irresistibile che pone le premesse per l'irrinunciabilità di un assenso, reprimendo ogni fonte di autoriflessione critica. I vari fenomeni di «falso riconoscimento» così diffusi in analisi vengono interpretati da Wittgenstein come effetto di quel potere di attrazione, che attenua 1e differenze e sbiadisce le eventuali evidenze avverse. L'eHetto che eroga l'analisi non è quindi leggibile in termini di «scienza»: essa non genera scoperta, ma persuasione (LC 94). Le critiche di Wittgenstein a Freud si incentrano sullo smontaggio di questo dispositivo di seduzione, coi suoi effetti perversi che rinforzano appal'enti «evidenze» e perpetuano la tentazione della mitologia. Un'urgenza di univocità vi sacrifica le incongruenze e le dissonanze al fascino di un'immagine. Ne siamo attratti come dalla dinamica dell'agnizione: l'allentarsi della tensione, la catar, si prodotta da una scoperta che si risolve in un semplice, inatteso riconoscimento. La mitologia non prevede infatti conoscenza che non sia ·riconoscimento, ricordo, riaffiorare di evidenze in qualche modo originarie. «'Fenomeno originario ' (Urphanomen) è, per esempio, quello 10
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