Il piccolo Hans - anno X - n. 40 - ottobre-dicembre 1983

Le fonti di Artaud Le pagine che seguono fanno parte di un lavoro in corso su quello che chiamo il momento di Rodez: quel tempo drammatico, coincidente di fatto con gli anni della guerra, che Antonin Artaud passa rinchiuso in manicomio, «deportato in Francia» per dirlo con le sue parole, sot­ tomesso al potere psichiatrico nella sua forma più siste­ matica, più violenta: l'elettrochoc. Quel tempo, insomma, in cui egli sa che deve innanzi tutto riapprendere a scri­ vere, riprendere un movimento interrotto per rivolgerlo interamente, e contro l'opinione dei più che gli ha già assegnato un posto, e precisamente quello della follia che va rinchiusa, della follia che si vuole ad ogni costo ridurre al silenzio. Nelle lettere indiri . zzate ai suoi amici, nel pe­ riodo tra il 1943 e 1945, Artaud dice quello che ormai vuol fare, afferma e ripete effettivamente il suo desiderio di scrivere in rottura con tutto quello che aveva fatto nel passato, cercando di inaugurare all'interno di se stesso un'altra temporalità. Usando tutti gli accorgimenti neces­ sari egli enuncia l'impossibile luogo della sua esistenza, l'incredibile paradosso da cui essa non cessa di procedere. Si fabbrica i mezzi per dire la tragedia che è divenuto. Lontanissimo dal teatro che a Rodez si rivela fondamen­ talmente impraticabile, ma più che mai vicino alla cru­ deltà di cui percepisce ogni giorno i segni, Artaud vuole manifestarsi: è quel corpo espressivo che cerca di allar- 89

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