Il piccolo Hans - anno X - n. 40 - ottobre-dicembre 1983
La parodia, se davvero di parodia si tratta, non è di quelle contente di sé: basta l'ultima frase del brano citato, che improvvisamente annulla la distanza sapiente dello scrittore e introduce la sua espressione seccata dall'incom bere di un'emozione, per farcene rendere conto. La svista retorica di Gadda si concentra in una svista reale: dalle quinte si affaccia un pompiere. Il suo «errore» genera la svista dello spettatore («Credevo che intervenis se per sedare il battibecco, per ricondurre il vincitore di Agamennone a più miti propositi»), ma Gadda non indugia sulla contraffatta confusione dello spettatore intorno ai confini dello spettacolo, mostra i movimenti di aggiusta mento del suo sguardo, amplifica fino a renderlo visibile il microscopico lavorio dell'attenzione che continuamente mette a fuoco i contorni del teatro. È attraverso l'episodio del pompiere, infatti, che ci accorgiamo che la parodia di Gadda non riguarda lo spet tacolo o gli spettatori, ma la loro relazione. Lentamente nasce un intreccio: al filo del racconto laboratoriale, che amplifica i presupposti ed i meccanismi dell'attenzione dello spettatore, si intreccia un altro filo: quello dell'autarchia dello spettatore che, passando attra verso le oscillazioni di aggiustamento dell'attenzione, co struisce il suo proprio spettacolo. La base tecnica del valore artistico di questo racconto di Gadda sta forse proprio in questo intreccio di due fili così pronti ad esser confusi l'uno con l'altro eppure di origini così diverse: la ricostruzione in termini letterari di un'analisi quasi scientifica dei movimenti d'attenzione per cui lo spettatore ricostruisce i contorni della rappre sentazione distinguendo il «dentro» dal «fuori», e il rac conto di uno spettacolo inventato dallo spettatore rifun zionalizzando ciò che vede. Lo spettacolo inventato è ba rocco e surreale: Il signore che, in frack, è sul podio avrebbe potuto inter- 214
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