Il piccolo Hans - anno X - n. 40 - ottobre-dicembre 1983
se si vuole avere qualche probabilità di cogliere da quali luoghi proviene il suo scritto, da quali fonti ci parla. Nessuno può affermarsi lettore se non effettua un tale spostamento, se non si strappa a se stesso, cioè, in defi nitiva alle parole con cui crede di essersi costituito sog getto di fatto. Nessuno può dirsi scrittore, presentarsi come tale, se non realizza, almeno una volta, questa operazione di tra duzione, di variazione tematica attraverso cui può in fin dei conti affermarsi nella sua singolarità, trovare le pro prie parole, inventarle. Strano risvolto del processo di «identificazione» che Antonin Artaud esplora, al tempo di Rodez, a proposito di Lewis Carroll, di Edgar Poe, di Lautréamont, di Nerval, e anche di Ronsard; Sorprendente traiettoria che lo spin ge, come è noto, a produrre la sua «autobiografia» sotto il segno di queste figure poetiche, a presentarsi come lettore dei loro testi, a volersi scrittore nel solco da loro aperto; le tre cose ad un tempo, come confuse. Lo pos siamo vedere già all'opera nel testo citato su Lewis Car roll. Artaud, come è noto, vi scrive: «Lewis Carroll ha visto il suo io come in uno specchio, ma in realtà non ha creduto a questo io, e ha voluto viaggiare nello spec chio alfine di distruggere lo spettro dell'io fuori di se stesso prima di distruggerlo nel proprio corpo medesimo, ma era nello stesso tempo in lui stesso che espurgava il Doppio di questo io. [...] Noi degustiamo minuziosamente il pensiero e il lin guaggio e nel frattempo la nostra anima fugge da noi, giacché è proprio essa quella stessa realtà nella quale ci credevamo installati. E il nostro Io celeste, l'Angelo dai capelli rossi di Lewis Carroll, lottava sulla terra col suo spettro proditoriamente mutato in demonio. [...] La sommossa cui tutta la sua opera fa appello è una som mossa contro l'io e le ordinarie condizioni dell'io. Cioè la nozione temporale del nostro io. [...] L'aria che per 105
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