Il piccolo Hans - anno X - n. 38 - aprile-giugno 1983

Un seminario può essere una stanza, con un grande tavolo, e qualche profumo che il vento porta dal giardino, e qualche voce che salendo dalla strada per poco svolazza sul fitto discorrere di teoria. Può essere la lenta decifra­ zione, settimana dopo settimana, dei segni che dicono come l'inverno ceda alla primavera, consegnando ad essa il suo rigore trasformato in ricordo. Può essere, lo diceva Barthes, un luogo dove si fa ricerca cercandosi. Un passage, con vecchi libri nelle vetrine, e una luce dall'alto, fredda, che fa di ogni pensiero una citazione, di ogni lettura una re­ citazione, di ogni presa di parola una rappresentazione fantasmatica. Può essere l'insinuarsi, nel cuorè della dimo­ strazione, di un'immagine perduta, e l'aleggiare di un de­ siqerio sull_'affanno dei concetti. Un nome d'autore . dai frontespizi passa a scriversi sui corpi: come una chirografia. Una liturgia di consacrazione del nome, il quale torna a ricomporsi dopo ogni disper­ sione, torna a imporsi dopo ogni escursione in altre topo­ grafie, in altri testi. Un'edizione critica sul tavolo, e la ridda dei riscontri, e lepiccole enfatiche scoperte , di passi maltradotti, di categorie malinterpretate, di arditezze in­ quietanti e per questo cadute nella dimenticanza, o nella spazzatura, di quell'astratto esercizio che è chiamato cri­ tica. · E l'ascolto. Modulazioni delle forme d'ascolto: l'atten­ zione aderente, e quella sorpresa, l'attenzione d'ossequio, e quella divagante. L'attenzione ai silenzi, all'arrière-pen­ sée, alle pause, all'ascolto degli altri, alle scansioni del 91

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