Il piccolo Hans - anno X - n. 38 - aprile-giugno 1983

materna, perdita che il suo discorso esprimeva in neolo­ gismi curiosi, · dall'inglese all'italiano, da una scuola ad un'altra, assumeva su di sé il peso di questa sconfitta familiare. «Mi sento perso, mi manca qualcosa, sono vuoto den­ tro, vorrei contare per qualcuno», e Giorgio conta, in una seduta conta in inglese. Lingua di quel paese di clima caldo di fiamma, così rovesciato nel tempo delle stagioni e nello spazio rispetto alle montagne delle Alpi da cui era partito. E conta fino a 33. L'istituzione psichiatrica, in un periodo di transizione dal manicomio al territorio, gli aveva offerto molte rispo­ ste ai suoi «bisogni»: ricoveri, farmaci, inserimento pilo­ tato, psicomotricità, un buon «maternage». In tutto ciò c'era la conferma del suo posto, quello che gli corrispon­ deva sulla linea materna quale «matto» della sua gene­ razione. Lui rispondeva dando i numeri. La faticosa costruzione di un servizio diverso consente un ascolto, il reperimento di un senso: si arriva così alla formulazione di questo tre, testimone di una mediazione ma ancora raddoppiato, che riproduce la forma di un rapporto duale. In seguito, un sogno e un gesto segnano l'uscita dal rapporto immaginario con l'istituzione. Un sogno «molto bello»: «tre cammelli s'inchinano da­ vanti a me». Nascita simbolica: Gesù, la Madonna e il Signore, tre figure che avevano riempito le sedute di storie sacre, adesso consentivano un accesso alla significazione. Un gesto, raccontato in una seduta nella quale comu­ nica la intenzione di interrompere la psicoterapia perché «i miei genitori hanno pagato per me, trenta mila lire per una visita specialistica». Iscrizione simbolica di una cifra che pone distanza alla captazione immaginaria dell'istituzione nella quale, rispondendo ai «bisogni>!, una domanda non poteva essere ascoltata. 84

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