Il piccolo Hans - anno X - n. 38 - aprile-giugno 1983
finzione teatrale e la realtà che si presume così rappre sentata... o costituita. Pretendeva soprattutto che fra l'attore e il ruolo vi fosse una perfetta identità, che mirasse a costituire la finzione del teatro come realtà. Ebbe una passione per un attore giovane e sconosciuto, Josef Kainz. In lui era Denis di Marion Delorme che amava: attribuiva all'attore i sentimenti del personaggio. Così, quando Josef Kainz gli disse che desiderava interpretare la parte di Franz Moor nei Masnadieri, Lu1gi II si infuriò e gli disse che non avrebbe accettato di vedere il suo amico nel ruolo di un furfante. Non voleva che il giovane trascurasse i nobili sentimenti che il · suo ruolo implicava, e pretendeva che fosse sempre all'altezza delle letture poetiche che fa cevano insieme. Non poteva soffrire che Kainz, secondo gli orari, cedesse alle umili esigenze dell'appetito e del sonno. La questione del teatro è ricca d'interesse perché ri produce, sulla scena, la stessa questione che abbiamo già visto, cioè il rapporto di Luigi II col proprio personaggio di Re, invertito rispetto a quanto accadeva per Napoleone e Luigi XIV. Luigi II avrebbe detestato Il paradosso dell'attore, dove Diderot mostra, paradossalmente, che il buon attore non è quello che prova i sentimenti che gli vengono attribuiti; quest'ultimo, invece, siccome ha disconosciuto questa di mensione propria del teatro, non può essere che un attore mediocre. Buon attore, al contrario, è chi sa recitare i sentimenti e dame una rappresentazione. In questo modo, cioè identificandosi al personaggio e non all'attore, chi prova i sentimenti è lo spettatore: è proprio questo che deve riuscire, a teatro. L'attore, scena dopo scena, può rettificare, migliorare la recitazione per ottenere il risul tato voluto presso gli spettatori in modo sempre più netto. Così l'attore deve essere in qualche modo fuori del suo personaggio, cioè fuori della maschera, della «persona». 26
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