Il piccolo Hans - anno X - n. 38 - aprile-giugno 1983

modesta capanna, la quale, tuttavia, doveva essere perfetta e realizzare l'essenza della capanna. Le sue costruzioni non sopportavano il comparativo, che presuppone l'esi­ stenza dell'altro; l'impresa si giustificava poiché entrava nella dimensione del superlativo. Per questo non si può fare di Luigi II un re esteta o mecenate. Non era esigente circa gli affreschi che orna­ vano i suoi castelli: bisognava che trattassero grandi temi mitologici, in particolare i Nibelunghi, ma era poco esi­ gente circa la · loro fattura; e nemmeno mise mai piede nel museo che già allora era l'orgoglio della città di Mo­ naco. Questo vale perfino per la musica: come non credere a ciò che diceva Wagner stesso, il quale pensava che Luigi II non ne capisse niente? Tutto sommato, gli inter­ venti «artistici» di Luigi II nella costruzione dei suoi ca­ stelli è nel loro allestimento, come anche le opere e le rappresentazioni teatrali, sono molto interessanti, ma non sono certo contraddistinti da un gusto molto deciso. An­ che qui, a · forza di interessarsi all'arte nella sua essenza, non si finisce forse per soffocarla? Adesso bisogna che ritorniamo alla questione dell'al­ tro, così come è posta dalla follia di Luigi II. Ho già detto che maltrattava i suoi ministri, i domestici ed anche i parenti. Non tollerava l'altro nemmeno come spettatore della funzione e dello splendore regale. Per questo dete­ stava tutte le festività, anche e soprattutto quella dove aveva naturalmente il ruolo principale, cioè le cerimonie ufficiali, alle quali si sottraeva con violenza, talvolta al­ l'ultimo momento, fuggendo in posti dove non si riusciva più a trovarlo; e questo naturalmente con gran danno per la sua popolarità. Non era vanitoso, questo il popolino di campagna lo aveva capito, e lo approvava. Fin dall'adolescenza evitava lo sguardo degli altri, cosa che veniva attribuita alla sua eccessiva timidezza. Più tardi, col pretesto dell'etichetta, ordinava di abbassare lo 24

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