Il piccolo Hans - anno X - n. 38 - aprile-giugno 1983

dell'autoisolamento, ella ci immette in una tonalità espres­ siva ben definita; quell'io fittizio determina il nostro u­ more di lettori, e conquista la nostra buona disposizione ad accogliere memorie, rivelazioni, confessioni, secondo quella particolare ricettività che è richiesta dal romanze­ sco di genere memorialistico, o autobiografico. Non tanto dunque la competenza dello studioso chiama in causa, quanto la pratica del consumatore di racconto: cui viene offerta la storia dell'avvento alla scrittura, o più largamen­ te all'espressione, di personaggi della nostra modernità; il racconto producendo ogni volta la metamorfosi di una individualità concreta e ben referenziale, nell'assai più astratta e convenzionale entità «autore». Il risultato più interessante di questo libro della Sontag consiste secondo me proprio nella coerenza, nella misura e nel ritmo con il quale si produce questo tono a metà ' tra la critica e la narrazione: è un libro piacevole da leggere, nella nostra riparata notturna stanza, con la tranquillità melanconica di chi guarda il mondo con la consapevolezza che esso è già accaduto, e che può essere solo rievocato. È un risultato espressivo che dice molto sulla possi­ bilità della saggistica letteraria di essere consumata come racconto, o comunque come scrittura suggestiva: in questo senso, credo che essa abbia larghe capacità espansive, coine dimostra, proprio nel caso di Susan Sontag, la fa­ cilità con la quale articoli comparsi su riviste e giornali si trasformano in saggi, e vengono raccolti in volumi, il cui successo è segnalato anche dalle traduzioni in lingue straniere. Lo stesso itinerario ha per esempio dietro di sé Malattia come metafora, anch'esso originariamente un articolo della New York Review of Books, poi ampliato in un libretto di rapida ed emozionante lettura. (Inciden­ talmente, proprio quest'estate mi è capitato di leggere, su The Village Voice, un articolo nel quale chi scriveva sentiva ancora il bisogno di manifestare apertamente la propria insofferenza per un libro che fa sapientemente 193

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