Il piccolo Hans - anno X - n. 38 - aprile-giugno 1983

come guardarsi allo specchio: alla fine si scopre, in questa vertigine dell'ipseità, qualcosa di appartenente alla dimo­ ra dell'Altro» (Artioli).. E anche se non si tratta che di un barlume, fioco, è quanto basta perché la piccola fiam­ ma si trasformi in incendio; quanto basta per non morire. Uscirà, dunque, Narciso dal suo profondo delirio di au­ tocontemplazione che lo attrae giù in fondo verso l'abisso, come in un delirio senza ritorno? L'arte della cornice, il suo appoggiarsi ad un bordo sicuro, la certezza del suo sapere accumulato intorno alla sua silhouette, apre lo spazio ad una risposta ben diversa da quella proposta da Christopher Lasch. ANTONIO DELFINI Diari Torino, Einaudi, 1982 · Frediano Sessi Nel nostro Novecento, Delfini è il produttore di scrit­ tura letteraria che forse meno di tutti si preoccupa di apprestare difese visibili. Si mostra nudo, in piena luce. È candido fino allo spasimo. Anche la sua ironia, non è un'ironia da scettico: è, piuttosto, una sorta di corpo e­ straneo con cui instaurare un rapporto di colluttazione, più che esigerne possibili esorcismi. Ciò significa che ri­ sulta impossibile stabilire se lo scrittore modenese lavori al di qua o al di là del campo retorico con tutte le sue risorse: ovverosia, se ne ignori la sicurezza o al contrario la rigetti. Cosa c'è di meno consolatorio e, in fondo, di più radicalmente disperante? Fatto sta che poi il dado decisivo (e indenne di equivoci, insomma· di puntate cui rispondono uscite beffarde) cade altrove: sulle eruzioni 183

RkJQdWJsaXNoZXIy NjIwNTM=