Il piccolo Hans - anno X - n. 38 - aprile-giugno 1983

del rovesciamento della dialettica operata dal testo di Sade apriva nuovi orizzonti di rivolta. Tutto cancellato. Sade ritorna àd essere il profeta della violenza pura, il propugnatore di uno stato anarchico che «odia l'umanità e le donne, intuendo nella sua Filosofia nel boudoir» come già il capitalismo avrebbe portato ad una ricerca sfrenata del piacere. Al culto di un Narciso mostruoso, aberrante, mortifero. Ma siamo veramente convinti che Narciso guardasse nello stagno per contare le rughe sul suo volto e misurare la violenza del tuffo? Il Narciso che ci rimanda al mito non era che un fanciullo in fiore. E nel suo rimirarsi, in fiore, intuiva, forse, la sua silhouette, cercava faticosamen­ te di praticare l'arte del bordo, della cornice. Viene, allora, il sospetto che Narciso, anche nella sua giovane età, fosse più savio di quello che non si è sempre pensato. «Se non riconosce, nell'immagine flottante sulle acque, la pro­ pria identità riflessa, certo non ignora la scienza del pa­ rapetto» (Artioli). La cornice che lo sostiene, impedendogli sia la fine del suo sguardo che la sua fine più prossima, il gesto finale dell'abbraccio, è, come lui stesso sa, un bordo assai solido; dal quale potrebbe sporgersi per un tempo inde­ terminato. Così, che l'immagine di un Narciso perduto, ammalato già nel suo primo sguardo, lascia il posto ad un'immagine più viva, coraggiosa. Guardare nel profondo delle acque non è forse simile, per il mito, al voltarsi indietro per scrutare nel Labirinto quanto percorso abbiamo lasciato alle nostre spalle? Contiene dunque un rischio, ma anche una possibilità che non ha il sapore della morte. Oltre lo spazio dell'abbraccio fatale, rimane, allora, lo spazio della parola; così che l'immagine di Narciso incon­ tra in questo modo un sapere che trova il suo luogo nell'immaginario. «Parlare avendo come unico interlocutore se stessi è 182

RkJQdWJsaXNoZXIy NjIwNTM=