Il piccolo Hans - anno X - n. 38 - aprile-giugno 1983

la temporalità individuale che si manifestava nel destino tra­ gico dell'eroe. Né l'idea di un «tempo divinamente compiuto» (tempo «storicamente universale», «tempo messianico»), né quella di un «tempo compiuto dell'individuo» (per cui - scrive Benjamin - il «tempo della storia trapassa nel tempo tragico») 6 risultano connesse alla posizione regale dei personaggi nel Trauerspiel: qui essi «giocano e recitano» confinati in una dimensione di totale immanenza, costretti in un recinto a cui non si offrono squarci sull'aldilà. Allorché la morte interviene ad interrompere la rappresentazione, non si ha conclusione, e neppure scioglimento della catena degli eventi: «senza cer­ tezza di una vita più alta e senza ironia è la µE-tci�m:nç di tutta la vita Elç a.ÀÀ.o yÉvoç» 7 • Qui, dove la lezione del passato si riduce alla ossessione di un fantasma, alla spettrale mate­ rializzazione della scena, si può soltanto dire, con le parole di Barthes, che «la morte è un protocollo» 8 • Speranza, attesa della Redenzione, così come nostalgia, e­ vocazione dell'Origine, non appartengono più alla «costituzione spirituale» propria _ del barocco, segnata da una integrale «se­ colarizzazione del mistero»: è la storia stessa che ora si pre­ senta «in forma di enigma». Olimpiche o mistiche prof�zie sono assenti da questo teatro profano, ove gli attori calcano «la terra come arena di eventi luttuosi». Il cielo sta sospeso sullo scenario del Trauerspiel in una prossimità minacciosa e con il medesimo aspetto, oscurato e ·denso di nubi, che lo contraddistingue - come ricorda Benjamin - pressoché in tutti i dipinti del Seicento. Nella sua gravità e imponenza, tuttavia, questo cielo non è altro che la raffigurazione di un aldilà «svuotato di tutto ciò in cui spira il benché minimo alito del mondo». Speculare ad esso, il volume della terra sembra tutto ritrarsi nella voragine spaventosa della sua desolata co­ stituzione naturale, il cui divenire obbedisce da sempre al prin­ cipio della caducità. Il sentimento che in tal modo affiora nel dramma barocco non ha nulla in comurie con la convinzione cristiana circa la ineffabilità, la indicibilità del nome di Dio, ma ben più radical­ mente ne rivela - 1a perdita, la definitiva sparizione dal proprio universo spirituale. La tensione che qui attraversa il linguaggio metaforico-allegorico è, pertanto, priva di parentela con il me- 126

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