Il piccolo Hans - anno X - n. 38 - aprile-giugno 1983

ancora da scrivere la parte destinata alla decifrazione dell'al­ legoria barocca. Nella stesura finale dell'opera quel capitolo scompare, non perché abbandonato da Benjamin, ma perché, anzi, il suo argomento viene dislocato proprio al centro della sezione che illumina la distanza, la «opposizione fondamenta­ le» di Trauerspiel e Tragodie. · Il re, la regalità assolutistica, ovvero il «sovrano in quanto primo esponente della storia, e perciò automaticamente depu­ tato a costituirne l'incarnazione» 2, è, in senso eminente, la figura che si contrappone all'eroe della tragedia. «Il sovrano rappresenta 1a storia · . Tiene in mano l'accadere storico come uno scettro» 3 • E la vita storica, dice Benjamin, costituisce l'«intimo nucleo dell'arte» drammatica, è il «vero · oggetto» della moderna forma dramma. Propriamente in ciò essa si distingue dalla forma della tragedia, oggetto della quale è il mito. La spinta a rappresentare .l'attualità del decorso storico, l'iniziativa di mettere in scena le azioni dei principi e le vicende degli Stati nasceva, per i drammaturghi del XVII secolo, dalla convinzione che nella storia stessa fosse dato di rinvenire la presenza di un «nuovo pathos», l'impronta di una 'tragicità' connaturata alla sfera profana dell'agire politico. Per questo la regola delle poetiche del tempo affermava con estrema si­ curezza che colui che «vuol scrivere tragedie [...] deve cono­ scere l'arte del governo a menadito come la sua lingua ma­ dre» 4 : si trattava di costruire uno stile del linguaggio «atto a farlo apparire all'altezza del tumulto degli eventi del mon­ do» 5 • Alla elaborazione formale di un dramma interamente mondano approda il Kunstwollen barocco di cui Benjamin par­ la. Non più innalzato sul piano dell'«affrontamento con Dio e col Destino», il protagonista di questo dramma appare con­ segnato ad un intreccio che segue, senza mai elevarsi al di sopra di esse, le mutevoli e incerte sorti terrene. Il ritmo impresso all'alterno avvicendarsi sulla scena degli accadimenti mondani è quello di un tempo mai compiuto e, tuttavia, inesorabilmente finito: il tempo di un divenire storico al quale è tolta ogni apertura sull' éskaton, ogni prospettiva di accesso all'orizzonte salvifico della trascendenza. E al quale, ugualmente, nulla più dice la pienezza, la compiutezza di quel- 125

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