Il piccolo Hans - anno X - n. 38 - aprile-giugno 1983
allegorico, emblematico: presagio del di fuori, dell'esterno, del l'al di là. In questo senso i brevi accenni di Benjamin ricordano le brevi osservazioni di Filone sull'uomo fatto di terra come mobile, seducibile, inquieto e curioso, soggetto alla tentazione dell'uscita 19 . La conoscenza dell'albero è conoscenza del nulla perché è conoscenza senza nome. È questa l'equazione fonda mentale dell'esegesi benjaminiana sulla caduta. «La . conoscen za . a cui seduce il serpente, il sapere di ciò che è bene e male, è senza nome. Essa è, nel senso più profondo, nulla e senza valore... il nome esce da se stesso in questa conoscen za» 20 • Gli effetti che ne conseguono sono la trasformazione della lingua in mezzo («Ma quando l'uomo esce dalla pura lingua del nome, fa della lingua un mezzo - di una conoscenza ad esso inadeguata»), in un idolo (magia), nell'espressione le gale di una condanna {il giudizio). E un originalissimo pensiero di Benjamin rende intelligibili le parole della maledizione {«Maledetto sia il terreno per causa tua! Con pena ne trarrai il cibo tutti i giorni della tua vita») ( Gen., 3, 17). La condanna divina che dall'uomo, in una misteriosa e incomprensibile so lidarietà, si trasmette alìa terra, provoca il trasformarsi del mutismo originario della natura, conosciuta dal nome di Dio, nel mutismo sofferente della natura conosciuta dai mille nomi degli uomini. Un capitale conflitto si svolge nello stato paradisiaco: non il conflitto fra i due alberi, non il conflitto fra virtù e vizio, neppure (anticipato nel tipo) il conflitto fra Crist _ o e il maligno. Si svolge il conflitto della lingua: fra la lingua che conosce e si scioglie nel circuito di parola-creazione-nome e la lingua che precipita nell'insignificanza, nella · pluralità dei segni, nella necessità della regola, essendosi staccata la parola dell'uomo dal verbo creatore e, nel nome, perfettamente conoscente. Nel pensiero di Benjamin è presente la preoccupazione dell'esegesi contemporanea di non incorrere in una sorta di «eziologia del male», in un ricorso cioè ad un qualche potere antecedente per spiegare l'origine del male umano. Ma egli, per rinvenire dentro e solo nella totalità dell'evento linguistico origine e fine, creazione e caduta, senso e ciarla, spirito e corpo, dolore e silenzio deve incorporare nella pura lettera del testo del Genesi ciò che l'esegesi antica, allegoricamente e tipologica- 122
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