Il piccolo Hans - anno X - n. 38 - aprile-giugno 1983

se già non si fosse nella comunicazione; né tanto meno si darebbe mai comunicazione se i parlanti non comuni­ cassero, già da sempre, nell'elemento della parola. La co­ municazione, allora, non consiste in un uso strumentale di una lingua anch'essa strumentale, che strumentalmente assume e definisce la cosa; né tanto meno la cosa, così definita, è destinata ad un ricevente, posto strumentalmen­ te come destinatario di ciò che gli è cdmunicato. Queste relazioni indubbiamente esistono, poiché esiste una modalità di installazione nel linguaggio tale che si dispone di esso regolandone l'uso in rapporto all'impiego. Ma l'impiego della lingua e la regolamentazione dell'uso presuppongono la frequenza e l'abito della lingua in quan­ to tale. L'abito, infine, significa l'abitare, l'esser di casa nella lingua. La stessa comunicazione artificiale se da un lato isola il linguaggio, perché lo organizza, d'altra parte non è potente a separarlo dall'abitualità che lo o­ rigina. Il dominio sulla parola si compie esso stesso nel- 1'elemento della parola. Deiezione e salvezza convivono; ma la lingua è originariamente emancipata da ogni deie­ z10ne. La parola pura costituisce, appunto, quell'esser nella comunicazione, làddove la comunicazione non è sogget­ tivamente decisa o prodotta o assunta dal parlante a suo piacimento, ma è il luogo dove il parlante prende parola in una medietà da sempre disposta, che è la lingua come tale. Per questo Benjamin può dire che «la lingua di un essere è il medio in cui si comunica il suo essere spiri­ tuale» 3 • Essere disposti nel linguaggio significa anche po­ ter disporre del linguaggio. Questo potere di disposizione può anche significare potere di prevaricazione. Tuttavia, la disposizione nella lingua, come medio della comunica­ zione, rende la lingua indisponibHe al dominio. Il linguag­ gio c · ome tale si sottrae al potere di disposizione del par­ lante: ciò non toglie che il parlante possa rendersi indi- 111

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