Il piccolo Hans - anno X - n. 38 - aprile-giugno 1983

mediante un passo delle annotazioni di Holderlin all'Edi­ po, che non pare sia stato ancora compreso nella sua fondamentale importanza - oltre la teoria della tragedia - per quella dell'arte in generale. Il passo suona: 'Il tra­ sporto tragico è propriamente vuoto e il più sfrenato. Perciò, nella successione ritmica delle immagini, in cui si sviluppa il trasporto, diventa necessaria quel che si dice nel metro cesura, la pura parola, l'interruzione an­ tiritmica, per venire incontro, al suo culmine, alla vicenda incalzante delle immagini, onde appaia così non più que­ sto avvicendarsi, ma l'immagine, la rappresentazione stes- sa ». Come dobbiamo intendere, in questo passo, anche alla luce delle considerazioni precedenti, il concetto di Aus­ druckslose? Innanzitutto - è bene sottolinearlo perché la traduzione italiana del 1962: «inespresso» ha, forse, potuto trarre in equivoco qualche lettore - il privo di espressione è una «categoria del linguaggio» e non qual­ cosa di non-linguistico e di indicibile. Benjamin, per chia­ rirne il concetto, si serve di un esempio tratto dalle an­ notazioni di Holderlin all'Edipo sofocleo. (Voi ricorderete che Holderlin, in un momento decisivo del suo itinerario poetico, traduce e correda di un breve commento l'Edipo tiranno e l'Antigone. Queste traduzioni, di fronte alle quali Schiller e Goethe non riuscirono a trattenere il riso, fu­ rono considerate un segno · inequivocabile della follia del loro autore). Proviamo a soffermarci su questo passo. Hol­ derlin vi definisce la cesura come «pÙra parola». Perché? Spezzando la vicenda incalzante delle immagini e la suc­ cessione Fitmica delle parole e delle rappresentazioni, la cesura - dice Holderlin - non fa apparire qualcosa al di là delle immagini e del verso, ma la rappresentazione stessa. Per questo essa è «pura parola». Allo stesso modo il privo di espressione, interrompendo la pretesa di tota­ lità della parola poetica e della forma artistica, fa apparire nella loro purezza la parola stessa e la stessa forma ar- 106

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