Il piccolo Hans - anno X - n. 37 - gennaio-marzo 1983

soprannome, che sarebbe stato dato a questo povero, qui fut nommé François Villon. Quanto costituiva l'importan­ za del Lais si è estinto in questa estrema solitudine sot­ tolineata dalla significanza musicale del sollier [solaio], una stanza alta, sospesa tra cielo e terra, in quel non luogo ove colui che aveva spezzato le porte della prigione d'Amore, ne diviene da ultimo vittima e perisce a causa di una freccia crudele, il cui tratto traccia un'oscillazione di senso tra il «rayon» [raggio] e la «raillerie» [scherno]: raillon. La partenza verso la terra lontana sarà servita soltanto, attraverso le peripezie di una fama da conquistare, a li­ berare i nomi dal loro aggancio corporeo, in quel non-luo­ go ove il risonare della fama suprema si confonde, nella morte, con la voce anonima dell'opera. Jl · «nominato» François Villon non riveste ormai altra esistenza se non quella di una favola della lingua poetica in lutto per la propria verità. Affermare che Villon «venne giocato» da colei che una lunga tradizione ha emblematizzato con il nome di Dame sans mercy, non significa riferirsi ad una qualche biografia immaginaria degli amori del poeta, bensì rinviare alla figura femminile della libertà poetica, che si realizza sol­ tanto con estremo Rigore, allorché si tratta di dare in cambio l'anima per l'affrancamento della lingua d'Amore. Ciò significa che l'esigenza di crudeltà che insiste in alcuni testi di Villon mirava solo a quel tempo di pausa musicale, l'unico tempo (perduto e ritrovato) che sia in grado di dare alla lingua, nella sua estrema pausa, tutta la chia­ rezza, o meglio tutta la trasparenza, di una scrittura senza corpo. È infatti nel vuoto profondo di questa nudità totale - e soltanto qui - che risuona la preghiera reiterata dal poeta nel Verset al quale l'epitaffio rinvia: Pour Dieu, dictes en ce verset: 92

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