Il piccolo Hans - anno X - n. 37 - gennaio-marzo 1983

Qui la trouvera d'aventure Qu'on lui lise ceste ballade (T., 1589-90) Ciò significa che solo la lettura è qui in grado di tra­ sformare il romorio osceno in un romorio «pacifico», si­ mile, come un mormorio, al silenzio (vedi sopra, p. 78). · In ogni caso continueremo ancora a commuoverci - e con ragione - di fronte a questa «parro . issienne» umile e discreta, nata dal verbo poetico del figlio, dalla sua preghiera, come la Vergine madre figlia del tuo figlio (Par, XXXIII, 1) è scaturita dalla preghiera di Dante. Chi potrebbe mettere in dubbio che la Ballade à Notre Dame sia il frutto di un'arte molto elaborata? Ciò che meraviglia è il modo in cui Villon mette in scena una lingua poetica a due voci: e la . prima, la più dotta, sembra cancellarsi di fronte all'umile preghiera scaturita sponta­ neamente daila bocca materna, come se la scrittura della Ballade non avesse altra funzione se non di rendere per­ cepibile, in sogno, lo spazio verginale di un verbo spon­ taneo, avantilettera. Il movimento di incessante ritorno della scrittura della Ballade al suo punto di cancellazione non è che un esempio tra altri - anche se particolarmente degno di nota - del processo inerente all'insieme del Te­ stamento, governato dal contraddire che fa sì che quanto è scritto venga obliterato, che Villon dia con una mano quanto sottrae con l'altra. Sempre in viaggio, Villon reca con sé il segreto di una parola in cui il tutto, impossibile a dire e quindi a dare, trova la sua realizzazione nel silenzio della tomba: «Qui meurt a ses loix de tout dire» (T. 728) In tal modo, scrivere per dire il tutto, o meglio escripre, secondo la grafia del testo, significa non cessare mai di parir e di partir in direzione della terra dei morti o del Sogno, donde il poeta ritorna a noi attraverso lo specchio 90

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