Il piccolo Hans - anno X - n. 37 - gennaio-marzo 1983
madre che contempla il luogo celeste, rappresentata nella · chiesa parrocchiale: Femme je suis povrecte et ancienne Qui riens ne,sçay, oncques lettres ne leuz Au moustier voy, dont sui parroiss'ienne, Paradiz paint, ou sont harpes et leuz (893-896). Tuttavia, contentarsi di questa emozione significhereb be sorvolare sulle sottigliezze del discorso di Villon, con U rischio di non comprendere ciò che al senso si sottrae, o si desrobe, dei «buoni insegnamenti» menzionati sopra. È sufficiente una certa attenzione nella lettura per ren dersi conto come la madre che oncques lettres ne leuz (v. 896), e ignora quindi il significato della scrittura, avreb be potuto cogliere, guardando la ballata offertale dal fi glio, soltanto la differenza o l'eguaglianza delle lettere e delle parole. Ne risulta che gli omofoni leuz (dal verbo «lire» [leggere]) e leuz (lo strumento musicale, il liuto) dovevano produrre agli occhi della madre un effetto di rassomiglianza pitturale, o - se si vuole - una «parità» del dire la cui immagine forma un «para-dis>� paint, vero concerto della aequalitas, che fa leggere e udire una mu sica sconosciuta, di lettere sconosciute, senza per altro turbare il significato del linguaggio comune. Insomma, questo paradossale legato di una ballata a una madre che, non sapendo leggere, deve «immaginare», offre in certo qual modo il modello di lettura visiva preconizzato da Villon per la sua opera. E, se si segue il gioco delle sim_metrie, la modalità dell'udire viene richiesta per su perare le differenze delle parole nell'eguaglianza, come avviene, per esempio, nella ballata dedicata alla «bruyan te» Margot - forse anche lei analfabeta - tanto è vero che il poeta spera che qualcuno legga a Margot la Ballata: 89
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