Il piccolo Hans - anno X - n. 37 - gennaio-marzo 1983

Pour retraire ces villotieres si affilé Mais que ce soit hors cymetieres, Trop bein au Merchié au fillé (1511-14). Che il luogo della parola a filo doppio di Villon sia questo Mercato del filo (o, chi sa: delle ragazze [filles ]) o, in maniera identica, quello delle Villotieres dal becco affilato [affilé] fuori dal cimitero, è ciò che impone l'effetto speculare di tutte queste parole. Basta osservare che per Villon, che si definisce nell'ottava XLII, il povre mercerot de regne (mercante di discorsi), il filo della parola nella trama tessuta dall'astuzia dell'arte rappresenta sempre u­ na partita giocata con la Morte. Se infatti è permesso parlare della Morte, è a condizione di dislocarsene, pro­ vocando così anche il ritardo della parola. L'operazione poetica sarà perciò, per il villotier, un modo per differire la morte, inscrivendola, fuori dal cimitero, nel Marchié au fillé. Sarebbe impossibile analizzare nei particolari tutti gli aspetti di questa trasmutazione verbale con cui Villon estrae dall'opacità semantica di tutti i discorsi citati l'es­ senza volatile di quest'altra lingua, fondata sulle «identità segrete» tra le parole. Due altre cose meritano di essere qui menzionate: in primo luogo, che alcune ballate delle quali si è parlato fanno parte del lascito proprio al Te­ stamento; inoltre che l'eguaglianza considerata non avreb­ be potuto essere raggiunta - supponendo che sia possibile - se non spogliando dalla lingua tutto ciò che fa ostacolo al suo segreto romorio. Del resto, nell'ottava LXXX, con cui il testatore mo _ rente inaugura la serie dei suoi lasciti nella obbligata formulazione liturgica, l'atto testamentario assume valore paradigmatico del modo prestigioso di Vil­ lon di produrre significati della parità. L'archetipo trinitario fornisce a Villon il pretesto per un gioco di destrezza teologico i cui gjri gli permettono 85

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