Il piccolo Hans - anno X - n. 37 - gennaio-marzo 1983

reso candido, in seguito annerito, raggiunge nell'insieme delle contraddizioni dell'opera un'eguaglianza analoga a quello di François, sottoposta . a un medesimo rovescia­ mento. Si potrebbe perciò dire, con le parole del poeta che ci parla della sua connivenza con Margot, «L'un vault l'autre» (v. 1624). La Ballade de Fortune, sebbene non faccia parte del Testamento, conferma quest'argomento, almeno se si tien conto dell'opposizione che struttura la Ballade tra il nome di François, inscritto nella prima strofa e nel Congedo, e il nome di Villon che risuona . nel ritornello con l'insi­ stenza del suo ritornare. Sin dai primi versi François ap­ pare come colui che rifiuta la morte con cui Fortuna opprime l'umanità: Fortune fuz par cleirs jadis nommee, Que toy, François, crye et nomme murtriere, (1-2) mentre Fortuna, che ritiene legittima la propria funzione, scaglia sul viso di François il nome di Villon, come se questo nome non fosse che un significante della Morte, dalla quale François vuole salvarsi, mentre dovrà tuttavia accettarla di buon grado, proprio come deve accettare di essere chiamato Villon: Par mon conseil prens tout en gre, Villon! (v. 12, 24, 36, 41) È chiaro che · se le figure e i nomi si duplicano nel!'opera, ciò avviene per meglio teatralizzare le simmetrie inverse della perdizione e del riscatto. Né potremo passare sotto silenzio la scissione subita in un altro passo del poema dalla figura del poeta che si accanisce a elaborare la lingua, volta a volta secondo il modo <;pungente» e secondo il modo «grazioso». Questa duplicazione viene rappresentata da due eredi, 83

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