Il piccolo Hans - anno X - n. 37 - gennaio-marzo 1983

gato, che faceva ombra a François. Tuttavia, se si tralascia il commento delle \mmagini per porre attenzione alla ma­ terialità della scrittura, si percepirà, attraverso la fitta sequenza delle allitterazioni (lieu, luy, loué, Loys), che il poeta attrae il Verbo divino, luy, verso Loys, secondo la fondamentale legge poetica delle omofonie, che il poeta reitera per meglio dispiegare una specie di rotazione di senso. Villon, «affrancato» dal «ville» potere collega la propria avventura a quella di Emmaus, e alla buona ville, terra della Speranza, ove il vil peccatore ritrova il suo «franco» parlare: Combien, au plus fort de mes maulx, En cheminant sans croix ne pille, Dieu, qui les pelerins d'Esmaulx Conforta, ce dit l'Euvangille Me moustra une bonne ville Et pourveut du don d'esperance: Combien que pechiez si soit ville, Riens ne het que persev.erance (97-104). Non si tratta certo di negare l'importanza di questo evento liberatore, quale è rappresentato sotto gli auspici del re di Francia; occorre unicamente fare attenzione a non isolarlo dal gioco della scrittura, ove l'effetto di rap­ presentazione è soltanto uno degli aspetti del lavoro di affrancamento della lingua françoise, e senza che la guille non vi perda mai i propri diritti. E questa guille o gille, della quale si avverte l'eco nella parola Evangille, non risparmierà né il Nuovo né. l'Antico Testamento, la «Bibbia» (chiamata Bille nell'opera di Villon), due testi che mademoiselle de «Bruyère» co­ nosce mirabilmente: Item, pour ce que scet sa Bille Madamoiselle de Bruyeres 77 '

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