Il piccolo Hans - anno X - n. 37 - gennaio-marzo 1983
passato della retorica cortese significa per Villon affron tare lo spazio dell'avventura, mettere il plumail au vent (T. 721), partire ancora una volta per un orizzonte scono sciuto; all'inizio del Testamento si tratta infatti per Villon di rispondere all'appello di François il cui nome designa lont�namente lo spazio verginale di quella lingua bianche da cui Villon potrebbe rinascere «purificato» se non vi fosse la fascinazione del nero nel bianco, del corvo nel cigno e - chissa? - . di Montcorbier in François: un'osses sione saturnina 24 la cui voce falsamente amichevole in contra nel poeta Villon una segretissima complicità con la morte: Mon ami est qui me faict entendent D'ung cigne blanc que c'est ung corbeau noir (P. V. II, 25-26) Questo gioco del contraddire, ove i nomi del poeta richiamano gli .echi di una forza significante, agiscono a tutti i livelli la parola, sempre a fil doppio, di Villon, come testimoniano qui i versi del Débat de Villon et de son Coeur il cui stile, sotto forma di contrasto, fornisce il modello della contraddizione quasi insormontabile tra la voce del cuore e quella del poeta deluso, Villon: .... Mousche en laite L'ung est blanc, l'autre Iioire, c'est distance (P.D., II, 15-16) La mosca nel latte, la macchia nera nel bianco, la morte nella vita, Villon in François, il cigno ove il «segno» bianco reca il riflesso di un nero corvo - insomma sempre di nuovo un significante per un altro, e l'eterna equivocità della lingua dell'«Altro» nella metafora -; ecco ciò che trascina il poeta nella piattaforma girevole dei segni dop- 75
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