Il piccolo Hans - anno X - n. 37 - gennaio-marzo 1983
Prince gent comme esmerillon, Saichiez qu'il fist au departir: Ung traict but de vin morillon, Quant de ce monde voult partir (T. 2020-23) rilancia in eco, per un'ultima volta, il partir del Lais. Ma nel Testamento l'atto eminentemente poetico della sepa razione manifesta del tutto chiaramente che partir, «bere il vino della morte» e il fatto della scrittura sono ·gli equivalenti tropologici di una sola e medesima operazione della lingua, travagliata dalla negatività. Non cessare di ritirarsi, di andarsene, di spogliarsi, insomma di farla fi nita: è questo il travaglio del lutto _che regge da un capo all'altro tutta l'opera di Villon, e, in questo senso, la scena finale del testamento non è in fondo che un termine fit tizio assegnato a questa morte interminabile postulata dal nome di François Villon. Per dirla altrimenti questa morte è con tutta evidenza il progetto del vivente che interpreta il ruolo di chi, agonizzante, fa testamento, men tre si iscrive in una scrittura che produce la propria di sparizione. Il traict di questa firma, che da sola riassume tutta l'esigenza della scrittura testamentaria, richiede di venire autentificato nel movimento stesso del suo inces sante re-trait. Questa lingua, la cui reinvenzione «parte» già nel Lais, fa corpo - come si è detto - con lo stesso nome di François Villon, la cui ri-nomanza dev'essere anch'essa ricostituita. La conquista di questo ri-nome che il testo a volte imita, a volte separa, o dissemina negli acrostici e negli echi della firma da autenticare, si confonde, in ultima istanza, con la stessa conquista dell'anominato. Ricordiamo anzitutto che il poeta che si nomina e si rinomina François Villon nel Lais e nel Testamento viene menzionato negli archivi di polizia sotto i nomi di Fran; cois _ de Montcorbier o di François des Loges, detto Villon 15 • Non vi è alcun dubbio che il nome Villon funziona anche 65
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