Il piccolo Hans - anno X - n. 37 - gennaio-marzo 1983

se la vita non è tanto di chi la agisce, ma di chi la guarda, lo sguardo di chi ha rinunciato ai movimenti e segue solo quelli degli altri richiama la morte non tanto come accentuazione della vita, quanto come necessità della Pri­ ma Necessità. La morte non solo esalta il vivere, ma ne è la forma. Immobilizzarsi è avvicinarsi alla vita. Essere inanimati, o perdere l'anima, è vivere: «...A chi/ gli con­ siglia, d'uscire, di muoversi, altrimenti / i muscoli, alla sua età, si atrofizzano, le giunture/ si bloccano, risponde / con dolce, lento sorriso». Anche la somiglianza e l'identificazione non hanno, qui, più niente a che vedere con l'identità e l'attivazione: sono, invece, forme del desiderio, del desiderio che è non­ essere. L'animale destinato a breve vita (come il gatto), e ancor di più i morti e gli inanimati sono i protagonisti di questa dolce-fatale verità che si insinua in ogni momen­ to e in ogni Tempo: «Eppure lo so (adesso / che sei morto lo so)/ è ancora una persona la tua, un astuto/ labirinto dove la vita/ entra e esce, un monumento/ di specchietti girevoli, una macchina/ delicata, stupenda...;,_ Un canto si scioglie, struggente, alla scomparsa delle false vitalità, alla fine della pretesa di essere vivi... Ora se è questa un'aria memorabile della poesia di Raboni, ne discendono due realtà della psiche, virtualità spaziali della Morte Grande Regina: possono chiamarsi la Perversione e il Sogno. La prima è lo stordimento, il fascino terrificante del Fato, come imperscrutabile libertà, come improvviso e esatto attraversamento del Tempo. È il dubbio insuperabile sulla maschera e sul doppio: allora, il massimo desiderio è la morte? il profumo è travesti­ mento del veleno? il corpo viene nell'attesa del suo assas­ sino? Là seconda è la varietà onirica innanzitutto come morbidità e smussamenti, spessori e avvolgimenti, sfuma­ ture e straniamenti: «a nascondere gatti siberiani/ nella pelliccia, socchiusa come una ferita»; o: «la piccola veglia pelosa/ dei nostri numi». Ma il Sogno è più che altro 198

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