Il piccolo Hans - anno X - n. 37 - gennaio-marzo 1983

sposta. È questo il ruolo del silenzio: chi tace può resi­ stere a tutte le occasioni di parlare, neutralizza l'aggres­ sione linguistica dell'altro, custodisce l'indeterminatezza del suo intervento possibile. Forse Canetti n:on ha assecondato abbastanza, qui, le pieghe della gestione del tempo da parte di chi tace: la superiorità del silenzio è nella progettazione del momento · in cui il silenzio può essere rotto, con . uno sconvolgimento _ ancora più radicale delle aspettative consolidate. Se chi interroga rimane deluso quando la domanda resta senza risposta, chi parla riconquista tutte· le posizioni quando sorprende per la sua improvvisa decisione di parlare e di smentire così la figura del taciturno. La solitudine at­ tribuita da Canetti a chi, tacendo, acquista il potere della singolarità perché «è depositario di un tesoro, e il tesoro è in lui» (p. 356), corrisponde alla supremazia temporale come «distinzione» che l'analisi della Kultur aveva rico­ nosciuto a chi sa circondarsi di un alone di mistero e di costruita impenetrabilità. Custodire un segreto è pri­ vilegio di pochi o di un singolo. Il discredito che avvolge le istituzioni pubbliche di un regime libero è il prodotto della diffidenza per la loro coazione a parlare. Nasce l'im­ magine di una democrazia imbelle perché parolaia, anchi­ losata perché estroversa, destituita di potere perché sto­ ricamente impossibilitata a mascherarsi. In verità Canetti estremizza la linearità di questo passaggio - c'è qualcosa di più opaco e inaccessibile delle sedi vistose del potere pubblico? -, ma il vettore del discorso è l'abbinamento segreto/potere. Mette conto ricordare, semmai, che il tem­ po non era sfuggito alla classificazione delle strutture epistemologiche dell'accesso al corpo proposta da Fou­ cault, in chiusura della Nascita della clinica, per giusti­ ficare due conclusioni: che «il sapere inventa il segreto» perché la necessità scientifica della clinica mette all'ordì- . ne del giorno !'interdetto in quanto tale, e che l'esito di questo processo è la «sovranità del visibile», il paradosso 182

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